Traumatologia delle ghiandole salivari

Le fratture del distretto maxillo-facciale sono molto frequenti e richiedono un trattamento specialistico. Esse possono interessare in maniera isolata o combinata diverse ossa componenti lo scheletro facciale. Le più frequenti sono le fratture delle ossa nasali, le fratture del complesso orbito-maxillo-zigomatico con possibile o isolato coinvolgimento del pavimento orbitario (blow out) e le fratture mandibolari. Tra queste ultime le fratture più frequenti riguardano il condilo mandibolare, la regione dell’angolo mandibolare e della parasinfisi. Altre fratture comprendono le fratture del mascellare superiore (tipo Le Fort I, Le Fort II o Le Fort III), le fratture del frontale, le fratture isolate dell’arco zigomatico, quelle della parete mediale dell’orbita e dell’apice orbitario.

La sintomatologia è varia e dipende dal tipo di frattura. Le fratture del complesso orbito-maxillo-zigomatico si caratterizzano per l’edema ecchimotico (gonfiore con raccolte di sangue sottocutanee), che all’inizio può mascherare la deformità estetica sottostante. Se sono associate a frattura del pavimento orbitario è spesso presente diplopia (visione doppia). In caso di fratture mascellari o mandibolari scomposte vi è nella maggior parte dei casi un’alterazione dell’occlusione. 

Il trattamento deve essere attuato tempestivamente e comunque non oltre 15 giorni da trauma per evitare il consolidamento in posizione viziata dei monconi fratturativi.

Il trattamento di questo tipo di fratture è competenza specifica del chirurgo maxillo-facciale. Esso si articola in tre fasi: 1) esposizione; 2) riduzione e 3) contenzione.

Per esposizione si intende l’accesso chirurgico alla rima di frattura mediante incisioni cutanee o mucose. Queste ultime vengono oggi eseguite in regioni nascoste, in modo che possano essere pressoché invisibili a guarigione avvenuta.

Per riduzione si intende il riposizionamento delle ossa fratturate nella loro posizione originaria con riallineamento delle rime di frattura.

Infine, con il termine contenzione o fissazione si fa riferimento alla stabilizzazione della frattura con l’utilizzo di placche e viti in titanio. Queste vengono poste a contatto dell’osso e, ad eccezione di rarissimi casi, non danno alcun problema nel post-operatorio e non devono essere rimosse.

La degenza post-operatoria dipende dal tipo di frattura.